giovedì 15 dicembre 2011

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Barchette di carta velina nelle ossa disintegrate dalla tempesta più violenta del mondo.Joey e gli occhi verdazzurri più spenti del mondo.Ancora nessuna àncora e nessun porto all'orizzonte. Male di miele e cianuro. Le isole con tutti i ponti che crollano. La sua isola con nessun ponte stabile, murature troppo leggere che si sgretolano sotto ogni passo fatto dalle parole. Bisogno di volare lontano con i draghi occhidelmaredelnord. Il grigioazzurro delle persone tristi e malinconiche. Come gli aquiloni nei giorni in cui c'è la bora. Che Joey non era più capace di mettere una virgola a questo periodo nero che di bellissimo non aveva più davvero niente. I periodi neri come il petrolio sulle ali di un gabbiano. Poi si affonda pesantissimi. Attimi come pellicole sottoesposte.
Che Joey era terrorizzata dall'idea di non avere il controllo. 
She's lost control.
She's lost controlo, again.
Again.



domenica 11 dicembre 2011

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E c'era il Disordine e il cielo rosso in piazza San Marco e il mondo finiva in un frastuono di vetri che Joey lasciava cadere per terra con tutta la violenza che i suoi occhi blu potevano contenere. 

giovedì 1 dicembre 2011

Dcomedistanzedisordinate.

Joey e i pensieri allo zucchero di canna. Distanze intercontinentali con tutti gli uragani del mondo in mezzo. E i  mari che si infrangono sulle loro tempie. Gli occhi stanchi di Sun e gli occhi stanchi di Joey. Pensieri pieni. E il cieli d'autunno che diventano cieli d'inverno. Metamorfosi. Joey cercava le sue dita tra l'oceano delle lenzuola gelide. Il brie. Il pesto. Un posacenere pieno di angosce. I gradini dei ponti che sono come il limbo verso l'infinito. Tipregodimmichecelafaremoiohopaura, gli sussurrava piano all'orecchio.

Le paure sono come le ombre, però rimangono anche quando c'è la nebbia e piove.

lunedì 21 novembre 2011

china.


Disordinati scambi epistolari. Che a Joey tremavano le ginocchia per la paura. Barche dalle finestre di gelide stanze troppo grandi. Coperte oceaniche. Il pennino che graffiava la carta e la china che si sperdeva tra le  sue venature. Caffè e sigarette e mille pensieri blu e grigi. Il grigioazzurro delle persone tristi. L'umido nelle ossa e la nebbia delle stazioni. E tutte le librerie in cui Joey l'avrebbe voluto portare per mano. L'odore dei libri. Occhi come l'autunno nell'oceano. E D. stringeva Joey. E leggersi piano le pagine dei libri. Piano. Lentamente. La fragilità delle anime bluastre. Le anime di cristallo. Che Joey aveva terribilmente bisogno del silenzio che solo gli abbracci sanno creare.

martedì 1 novembre 2011

Gli alberi del nord che li abbracciavano ancora tiepidi scaldati nel sole d'autunno. Sempre verdì. Occhi sempre blùoltremareoceanomaredelnord. Draghi. Brie.Zucchine. Epistole allo zucchero di canna. Carta da pacchi. Persone disordinate con le dita sporche di china e di pensieri. Il non avere più difese. Joey e i chilometri che scorrono veloci lungo la linea bianca.E fa buio presto come nelle sue sinapsi. Le foglie cadono pesanti inzuppate dalla rugiada. Senza difese. Mondi distanti che non s'incrociano mai. Tutti i baci all'anice che Joey conservava nella tasca interna del giubotto. Pensieri di piombo e perle. Barriere “Io dico: liberati quanto puoi e avrai fatto ciò che sta in tuo potere; infatti non è dato a tutti di superare ogni barriera, ossia, per parlare più chiaramente non per tutti è una barriera ciò che lo è per alcuni. Perciò non preoccuparti delle barriere degli altri: è sufficiente che tu abbatta le tue.” Joey che non riusciva a trovare la forza di colpire quel muro che s'era costruita nei suoi eterni diciassette anni.

domenica 2 ottobre 2011

i cieli grigioneri che si illuminano durante i temporali. e le navi in burrasca nei canali. i canali che sono come le mie vene ma al posto del cuore il petrolchimico di Marghera.Joey disegnava con le dita sulla finestra impolverata. mostri e pensieri cupi si materializzavano davanti al suo blu. i problemi della società senza via d'uscita. la giustizia comune. l'unico e la sua proprietà. pensieri di anice. l'incavo perfetto delle clavicole, per appoggiarci il viso e dormirci. i baci all'anice a lunga conservazione rinchiusi in vecchi frigoriferi. mi manchi, gli scriveva. e poi lasciava il foglio ingiallito vuoto. vuoto.

lunedì 8 agosto 2011

idiinfernoblu.

che Joey aveva le gambe spezzate a metà. disintegrate. i termosifoni spenti. le lenzuola grigie, le lenzuola nere. saperci soffocare dentro, lentamente. non avere una colonna sonora adatta a questa disperazione. che non si esce vivi dai periodi troppo blu. troppo densi. troppo vuoti. si chiedeva se si uscisse mai vivi da qualcosa, Joey. anime assirderate. l'inverno d'inizio agosto. nuvole recitate con profonda malinconia. e si mettono lì tra noi e il cielo per lasciarci soltanto una voglia di pioggia. soffocare. i polsi bianchi. che se si colora del blu della notte anche il dolore allora è finita, finita davvero. F  I  N E. come in quei perfetti film francesi in bianco e nero in cui ansimi fino all'ultimo secondo e poi alla fine, soffochi.

giovedì 28 luglio 2011

Dormire o morire. angoli di colline statunitensi tanto scritte e cantate. Joey e i piedi che scivolano sul fango di fine luglio. sul fango verde dei pomeriggi freddi. piogge acide. e i cieli pieni di stelle che non ci sono più. le montagne avvolgenti abbracciate dalle nuvole stanche.e i suoi larghi occhi azzurroverde come il mare in agonia, ma spenti. zaini pesanti per ossa fragili. Joey in libreria. sinapsi suicide. idee che continuano a morire sulle scale delle soffitte. le vene dei polsi. e non avere cartine geografiche per orientarsi nelle vene delle anime lontane. respirare lentamente e sentire i polmoni schiantarsi nelle costole.poi il vuoto.  
V    U   O    T    O.

martedì 21 giugno 2011

che Joey partiva, andava lontano. che Joey immaginava di essere avvolta dalla cruda roccia e non voleva essere sola. portava i suoi amanti fedeli, carichi di parole, sensazioni e emozioni. cibo per le anime perse come lei.

che Joey aveva paura.

mercoledì 8 giugno 2011

O come oceani interiori.

Joey si chiedeva se avrebbe mai ritrovato un posto da chiamare casa. un posto avvolto dal fitto bosco per potersi perdere lentamente.aveva bisogno di un luogo sterile dal mondo. un luogo suo.un luogo dove è emozionante guardare la pioggia dalle vetrate.dove le puntine graffiavano vecchi dischi di vinile che accompagnavano il contrarsi dei suoi polmoni imprigionati nella gabbia toracica. un luogo avvolto di blù e oscurità. un luogo per la pace interiore. dove le sue magliette nere sbiadite si perdevano tra i tappeti scuri.dove poter fumare le sigarette nel terrazzo. dove avvolgersi di libri e dall'odore forte delle pagine ingiallite. un posto che non sapesse di inferno come tutto il resto. un'atmosfera avvolgente. il grigio delle persone malinconiche e sperdute. il nero avvolgente. il bluazzurro degli oceani e mari lontani. degli oceani lontani. degli oceani, come quelli che cantava De Andrè.


- Fabrizio, che tipo di presenze ha per te oggi il mare? - Pare che perfino Attila si sia fermato davanti al mare. Attila sicuramente non era un buon marinaio, ma può darsi che davanti al mare gli sia bastato sedersi ed immaginare.

giovedì 26 maggio 2011

che c'era un cielo di anice da mangiare con il cucchiaino mentre arrivava la sera in collina. gli angoli blù di Joey. i pensieri blù. i pensieri bianchi. le ombre dei cipressi. i narcisi. le forbici arrugginite dal tempo. il mare che non c'era più nemmeno in quelle tele bianche. il mare non è infinito.  il mondo delle anime bruciava lentamente e non c'è modo di scappare. i pensieri soffocanti. F a b r i z i o  De Andrè le anime salve, le anime che dormono sulla collina. e il silenzio. il silenzio.

IL S I L E N Z I O.
e Joey cercava di conservarlo nei vasetti di vetro.

martedì 10 maggio 2011

che poi Joey non aveva ancora capito se le piaceva l’idea dei libri nelle biblioteche. l’idea di portare a casa qualcosa che come una carta assorbente aveva accolto le emozioni di tutti. dalle dita alle pagine. che poi è come se fossero più pesanti i libri delle biblioteche, più densi.

però per lei era diverso entrare in una libreria perdersi negli scaffali e scegliere un libro. le pagine vergini, da poter scalfire,riempire. poterci morire sopra senza paura. sì, perchè forse era paura, paura di lasciare emozioni segrete che qualcun’altro avrebbe potuto raccogliere da quelle pagine e fare sue. e Joey era gelosa. gelosa delle emozioni che i libri le davano la possibilità di vivere. di quei mondi perfetti, terribili, rassicuranti o fragili. cibo per la sua anima.

domenica 8 maggio 2011

che poi Joey iniziava a detestare anche le cose che prima amava come la sua tisana preferita che le sembrava quasi avesse perso il suo sapore, così delicato. e odiava avere sempre le mani fredde, sembrava che non sentisse le emozioni, lei. che a forza di costruirsi muri per non soffrire ora che era tutto circondato di mattoni rossi stava anche peggio, perchè erano riusciti in molti a scappare da quei muri ma lei non riusciva più nemmeno a fissarli. e al di là di quella finestra c'era un  cielo di un azzurro sbiadito che stava per piangere e gli ombrelli non sarebbero bastati a proteggerla.Joey lo sapeva eppure non faceva niente per proteggersi.

venerdì 6 maggio 2011

che poi l'aveva smarrito il foglietto illustrativo con scritte le controindicazioni della vita. o forse non l'aveva mai avuto Joey. che poi il mare nei canali di Venezia non finisce. soffoca, soffoca e basta. schiacciato dal peso della gente. è egoista, la gente. se ne frega la gente. le iridi di Joey che di decoloravano al sole, come i capelli. come le dita delle mani. era come essere bianco e nero in un film a colori dove tanto nessuno la considerava poi molto.

forse serve un po' di coraggio per ritornare qui.


 "E c’era il cielo fuori. grigio, un grigio avvolgente come quando si mette un po’ di nero nel bianco della pittura per muri per evitare che risultino troppo freddi. Joey stringeva le mani nelle tasche dei suoi pantaloni troppo consunti. chiudeva gli occhi e si illudeva di saper ancora respirare. sembrava che i polmoni le esplodessero. e l’aria fredda graffiava la gola. i piedi distruggevano i fili d’erba come in una guerra vinta in partenza. c’erano mille parole che non avrebbe mai detto che si incastravano nello stomaco. stava per vomitarle accompagnate dagli orsetti gommosi della sera prima. e la birra non bastava mai. i capelli le si schiantavano negli occhi mossi dal vento. gomitoli di lana pieni di emozioni. i fulmini che non si facevano fotografare la irritavano. non conoscere bene la punteggiatura, e si fa un overdose di virgole a pennarello indelebile sul polso. -E mi sento terribilmente giù.maliconica. - Forse un po’ anche io. e che i contatti multimediali si stroncano. Joey non poteva nemmeno fingere d’abbracciare lo schermo del computer per mancanza d’affetto. sorrisi amari che le incorniciavano il viso. la notte da quando non le rimboccavano più le coperte non le rimanevano altro che sogni torbidi e incubi terrificanti a farle compagnia."

che poi era più di un anno fa quando Joey stringendo la stilografica imprimeva quelle parole sulla carta ingiallita dal tempo. e quel grigio c’era ancora e piano piano era diventato più denso, ancor più avvolgente. come una stanza senza uscite di sicurezza da cui è impossibile sfuggire. e la virgola sul polso è diventata vera, anche se brucia. a volte, brucia. e le corse con i piedi stanchi lungo la linea bianca, sottile che rompe una strada che tanto non ci passa mai nessuno, di lì. -E mi sento terribilmente giù.maliconica. si ripeteva ancora. e il cielo d'anice dei pomeriggi di primavera. e il cielo alla ciliegia da mangiare con il cucchiaino delle sere di primavera. Joey era triste.